
Anni fa ritrovai per puro caso in uno scatolone, tra quaderni e vecchi libri di scuola, un singolare scritto di un mio bisnonno paterno, Pasquale Tortora (1899-1983), che ha vissuto per quasi tutta la sua vita ad Ascea, svolgendo il mestiere di banditore.
L’esigenza di un uomo orami anziano di ricordare a se stesso, e di raccontare a un eventuale lettore, la propria vita si è tradotta in una breve quanto avvincente autobiografia di quattro paginette, scritte con una grafia tremula ed esitante riversata su due carte di guardia di un Grande libro della salute, ingiallite dal tempo.
La storia si può dividere in due parti. Riservando al prossimo numero del Giornale [«Cronache Cilentane», n.d.a.] la seconda, trascrivo qui la prima parte del racconto autobiografico quanto più fedelmente possibile, affinché oltre ai fatti narrati – tra emigrazione a inizio Novecento e Prima Guerra Mondiale, con la miseria e l’analfabetismo che facevano da sfondo, soprattutto nel nostro Sud – se ne possa cogliere l’originale veste linguistica sgrammaticata e mista al dialetto asceoto di un semianalfabeta.
Con riferimento alla straordinaria autobiografia di Vincenzo Rabito (pubblicata da Einaudi nel 2007), cantoniere siciliano e anch’egli semianalfabeta, potremmo definire per molti aspetti questa preziosa testimonianza, che riguarda il passato di tutti noi, una succinta Terra matta cilentana.
Tortora Pasquale nato qui in Ascea 23.4.1899
mio Padre Aniello nel 1900 sene anto inamerica a Buonosairi mi lasciò di unanno e sene ando con il viaggio di debito e fino al 1904 non ci mando ne anche una lira e ne il viaggio che senera antato e formò unaltra Famiglio che ci fece dui figli ci scriveva una volta mantava adire che era stato poco bene unaltra volta diceva che era stato disoccupato. Ed la povera mia madre dinome Maria Giuseppa Feola per chresceme amme andava a lavorare per 8 soldi al giorno, e questo durò gia detto quattro anni le lettari che ragiungevano a mia madre nel ragionamento di mio Padre che era inaffabeta venivano scritto da una signorina dinome Richetta figlia di Andonio Vasile che questo bravo uomo assisteva sempre alle lettare che scriveva la figlia Richetta adettati da mio Padre dico un giorno dopo quatro anni si sfastidio e dissi amio Padre o uaglio mi sono invastidito tu ti deve mantare a apigliare a tua moglie e figlio mio Padre lasciò molto maravigliato e disse che non poteva perche non aveva il viaggio per mantarcelo ed Andonio Vasile ancora ripetette ti ho detto che ti deve mantare a pigliare a tua moglio ci siamo intesi il viaggio tilodo io e mio Padre rispose va bene allora Andonio Vasile disse alla figlia Richetta strappa quella lettera che stai scrivendo e prente unaltro foglietto ed Andonio adettava e la figlia Richetta scriveva e fu iniziato il scritto Cara moglie ho dicisi di mantarti apigliari fame sapere se tenevuoi venire che io ti mando il viaggio. ed agiunse questa famosa lettere ad mia madre mia madre risposi subito manta il viaggio che siamo pronti apartire che la madre di mia madre Carminella Murinelli non voleva che noi avissimo partiti e mia madre rispose che pure che doveva andare afinire pure ne fondo del mare cinedovevamo andare
il 1904 partemmo per Buonosair e ci impiaammo 30 giorni e stemmo a Buonosarie fino al 1909 e a mio Padre gli salto il tichio sene volle venire in dinuovo Ascea stette qua 3 anni e il 1912 dinuovo sene ando a Mondevidevo il 1914 ritornò il 1916 io fui chiamato soldato alletà di 17anni e 4mesi e ne 1920 morì la povera mia madre che io mi trovavo a Verona e n potette ne anche vedere per motivo che cera sciopero Ferroviario per tutta Italia e arriva Ascea dopo venti giorni che erano sotterrata alla povera mia madre, è alla sua morte lascio in casa £ 12000 che erano 12000 di allora che eravano epochi che il vino costava 8 lire quintale e lolio 10 lire astaio, e per i grandi lavori che eramo sequiti in Famiglia eravamo accumulata quella piccola somma giadetta ed mio Padre dopo 13mesi della morte di mia madre si volle dinuovo sposare facendo festini da destra e sinistra e ne fece andare quei soldi che fuino accumulate fino alla morte di mia madre.
Articolo pubblicato su «Cronache Cilentane», Anno XXXI, N. 11-12/2014 (Novembre-Dicembre 2014), p. 14
Un grande onore ricevere l’invito ufficiale direttamente dall’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano. È da tanto che me lo riprometto, ma ora non ho più scuse: verrò a trovarvi! 🙂
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