I libri migliori secondo Orwell


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George Orwell

Leggendo 1984 di Eric Arthur Blair, in arte George Orwell, ha rapito la mia attenzione una frase scritta come riflessione del protagonista, Winston Smith.

Questi sta leggendo Teoria e prassi del collettivismo oligarchico di Emmanuel Goldstein (libro ovviamente inventato, come il suo autore, dallo stesso Orwell, di cui riporta estesi – anche troppo! – passi, finendo così per diventare un – prolisso ed evitabile! – “libro nel libro”).

A un certo punto Winston smette di leggere (quindi anche chi legge 1984 smette di leggere Teoria e prassi…) e Orwell, seguendo il flusso di pensiero del suo figlio di carta, scrive (cito dall’edizione Mondadori del 2010, p. 225):

Copertina del libro
Copertina del libro

Il libro lo affascinava o, per dir meglio, lo rassicurava. In un certo senso non gli raccontava nulla di nuovo, ma proprio questo costituiva parte della sua attrattiva. Diceva quelle cose che avrebbe scritto lui se fosse stato capace di riordinare i frammenti dei suoi pensieri. Era il prodotto di una mente simile alla sua, ma immensamente più poderosa, più sistematica, meno condizionata dalla paura. I libri migliori, pensò, sono quelli che vi dicono ciò che sapete già.

Ovviamente la lettura è anche scoperta, quindi il valore e la portata dei libri che invece ci dicono ciò che non sapevamo ancora è fuori discussione.

Tuttavia ho subito condiviso in toto, forse anche in maniera irrazionale, questa riflessione di Orwell – che è poi una vera e propria riflessione di teoria letteraria – trovandola semplicemente ed efficacemente vera. Trovandola mia.

Perché sono sempre più convinto che il fascino della Letteratura molto spesso risieda non tanto in quello che racconti, ma nel modo in cui lo racconti, secondo quale angolazione e punto di vista. E quindi, anche se racconterai qualcosa di già noto, racconterai sempre e comunque qualcosa di nuovo.

Qui – o meglio anche qui, in quest’aspetto, ma chiaramente non solo in quest’aspetto – risiede il fascino che la Letteratura esercita su ogni lettore, e allo stesso tempo la principale “sfida” che ogni scrittore è chiamato ad accogliere.

E voi cosa ne pensate, lettori, scrittori e aspiranti tali?

3 pensieri su “I libri migliori secondo Orwell

  1. A me capita spesso, con certi libri, di trovare formulati dei pensieri che ho già dentro di me, anche se ancora non ben distinti e riconoscibili. Quindi in effetti è un riconoscere qualcosa che già si sapeva, anche se non se ne aveva piena consapevolezza. Anche secondo me questi sono i libri che colpiscono di più, che fanno veramente riflettere e che rimangono ben impressi anche a distanza di tempo, proprio perché hanno saputo dare voce, diciamo, a qualcosa di sfuggevole che già in qualche modo si percepiva dentro e che aspettava solo l’occasione giusta per assumere una forma più chiara e definita.

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  2. Si tratta solo di un aspetto letterario.
    La vera capacità di un libro consiste nel suscitare meraviglia in chi legge, al di là se i fatti narrati sono inventati o verosimili.
    Un’opera eccellente si riconosce facilmente: se quello che stai leggendo avresti voluto scriverlo tu, allora hai tra le mani un potenziale capolavoro.

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  3. Ciao,a me è successo la stessa cosa con “così parlo zarathustra” di Nietzche, “Era il prodotto di una mente simile alla sua, ma immensamente più poderosa, più sistematica, meno condizionata dalla paura. I libri migliori, pensò, sono quelli che vi dicono ciò che sapete già.” Fantastica questa frase ed è esattamente ciò che penso anche io. E come tu ho irrazionalmente condiviso certe frasi,sentendole mie. Ma ho anche capito che non tutti riescono a cogliere ciò che colgo io.

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